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Jefta: da oggi è in vigore l’accordo con il Giappone. Ecco tutto quello che dobbiamo temere

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Salutato da molti come l’intesa commerciale più grande della storia, l’accordo di libero scambio tra Europa e Giappone rischia in realtà di affossare il Made in Italy

Entra in vigore da oggi, 1° febbraio, lo Jefta, l’accordo siglato tra l’Unione europea e il mercato nipponico, che promette di rivoluzionare gli affari tra le due aree commerciali e di sollevare le aziende europee da circa un miliardo di euro di dazi all’anno. Ma c’è da fidarsi?

Il Jefta è un trattato di liberalizzazione degli scambi tra Europa e Giappone (al pari del CETA con il Canada con il Canada), che mira a semplificare il commercio tra le due parti su questioni che riguardano le competenze nazionali come gli appalti pubblici, l’agricoltura, la sicurezza alimentare, i servizi, gli investimenti e il commercio elettronico.

Ma se, secondo i convinti sostenitori, il mercato europeo trarrà numerosi vantaggi, soprattutto nel settore alimentare (dal vino alla pasta ai formaggi, che a Tokyo costano il 40% in più, fino ad arrivare alla frutta), gli scettici ci mettono un attimo a valutare il fatto che quello stesso accordo potrà limitare nei fatti la capacità degli Stati europei di controllare le importazioni giapponesi proprio degli alimenti oltre che dei mangimi (tenete a mente che il Giappone è il Paese con il più grande numero di colture Ogm autorizzate al mondo).

E non solo, timori ci sono anche per le eccellenze del Made in Italy, Dop, Igp, Doc che, così come per il CETA: cioè, solo alcune denominazioni saranno protette, ma saranno anche più a rischio contraffazione.

Per questo, lo Jefta, come il TTIP o il CETA, viene definito come un accordo tossico, che mette in pericolo l’ambiente, la salute dei cittadini e la sovranità delle diverse Nazioni.

Tutte le criticità dell’accordo Jefta

  • Il falso Made in Italy

Il trattato salvaguarda solo 18 Indicazioni geografiche italiane agroalimentari e 28 vini e alcolici, su un totale di 205. La mancata protezione dei marchi storici del Made in Italy non riguarda solo le produzioni nei Paesi con i quali è stato siglato l’accordo ma anche la possibilità che in quegli stessi mercati giungano imitazioni e falsi realizzati altrove.

Dal Grana al Parmesan, dall’Amarone al Greco di Tufo fino a molte altre imitazioni dei prodotti nazionali più tipici che potranno essere liberamente prodotte e commercializzate in Giappone”, dicono da Coldiretti. E “anche se per Grana padano, Pecorino Romano e Toscano, Provolone Valpadana, Mozzarella di bufala campana e Mortadella Bologna viene garantita la protezione del nome complessivo, potranno essere utilizzati comunque utilizzati i singoli termini (ad es. Grana; Romano, Bologna, pecorino, mortadella, provolone, mozzarella di bufala) e si potrà addirittura produrre e vendere Asiago, Fontina e Gorgonzola non italiani per i prossimi sette anni”.

  • Gli Ogm

È molto probabile che il trattato oggi entrato in vigore limiti ancor di più la possibilità che ha l’Unione europea di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi (articolo 6.7, in particolare 6.7.4). A livello mondiale, il Giappone è il Paese con la maggior parte delle colture Ogm approvate sia per alimenti che per mangimi animali. Va da sé che il rischio di contaminazioni diventa decisamente alto.

  • Prodotti trasformati

Per i prodotti alimentari e i prodotti agricoli trasformati questo accordo autorizzerà la liberalizzazione completa di prodotti come la pasta (in 10 anni), cioccolatini (10 anni), o il preparato di pomodoro e salsa in 5 anni.

  • E-commerce

Lo Jefta contiene anche regole che limitano la capacità di regolare i flussi di dati e quindi di regolamentare le società transnazionali il cui modello di business dipende dai dati. Queste regole oltrepassano i limiti già labili inclusi nel CETA. Non è inoltre garantita la completa esclusione dei dati personali dal commercio bilaterale.

  • Aumento degli allevamenti intensivi

Si prevede che ci sarà un forte aumento delle importazioni: gli agricoltori dovranno mantenere sul mercato prezzi concorrenziali passando a metodi di coltivazione e allevamento industrializzati con inevitabili conseguenze sull’ambiente.

  • Sviluppo sostenibile e lavoro

Il Giappone non ha ratificato due delle otto convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

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Germana Carillo


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